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Recensione

Silent Hill f

di N.P • 10 min • 30 settembre 2025 • 101 visualizzazioni
Videogiochi


Konami torna finalmente a rivisitare l’universo di Silent Hill, ma questa volta con una scelta coraggiosa: abbandonare l’iconica cittadina per trasportarci in un contesto del tutto nuovo. Nei panni di una giovane protagonista, ci ritroviamo immersi in un villaggio rurale del Giappone degli anni ’60, un’ambientazione che sprigiona inquietudine a ogni angolo. La domanda che accompagna il giocatore fin dall’inizio è inevitabile: quali orrori si celano dietro il silenzio e le tradizioni del luogo? E, soprattutto, Konami sarà riuscita a preservare l’essenza disturbante e psicologica che ha reso celebre la saga, pur portandola lontano dalle nebbie di Silent Hill?


TRAMA

La trama, scritta da Ryukishi07 (già autore di visual novel cult come Higurashi no Naku Koro ni), rappresenta il cuore pulsante di Silent Hill f e imprime al capitolo un’identità narrativa fortissima. Nei panni di Hinako Shimizu, una giovane studentessa giapponese degli anni ’60, veniamo catapultati in un contesto culturale completamente diverso rispetto alle strade nebbiose di Silent Hill.

L’ambientazione rurale e tradizionalista fa da sfondo alle tensioni sociali e personali che la protagonista è costretta ad affrontare: pregiudizi, isolamento, sensi di colpa e il peso di un’amicizia ritenuta “sconveniente” per gli standard dell’epoca. Fin dai primi minuti la storia riesce a coinvolgere, evitando lungaggini o filler inutili.

Ogni sezione spinge naturalmente verso la successiva grazie a un ritmo ben calibrato, alternando momenti di introspezione a sequenze più crude e disturbanti. Gli eventi che travolgono Hinako non sono mai fini a sé stessi: anche le scene più forti o esplicite — che includono corpi contaminati, rituali inquietanti e flash di violenza psicologica — risultano funzionali a costruire un senso di angoscia e tragedia che rimane coerente fino all’epilogo.

Il finale — che evita facili risposte e offre più livelli di lettura — lascia un senso di inquietudine e malinconia che continua a risuonare dopo i titoli di coda. Pur senza rinunciare ai colpi di scena tipici della serie, Silent Hill f costruisce un racconto più intimo e culturalmente radicato, capace di mantenere lo spirito del brand pur spostandolo lontano dalla cittadina americana che l’ha reso famoso.



PERSONAGGI

Uno dei punti di forza di Silent Hill f è senza dubbio il cast di personaggi. La protagonista, Hinako Shimizu, non viene presentata come un’eroina stereotipata ma come una ragazza ordinaria, fragile e al tempo stesso resiliente.

La scrittura le concede spazio per crescere: all’inizio appare timida, isolata e schiacciata dai pregiudizi della comunità, ma man mano che gli eventi degenerano mostra un coraggio fuori dal comune e una forza emotiva che la rendono credibile e umana. Questa evoluzione è accompagnata da momenti di introspezione ben scritti e da piccoli dettagli come animazioni, espressioni, dialoghi interiori, che aiutano a sentirla viva.

Accanto a Hinako troviamo un gruppo di personaggi secondari altrettanto sfaccettati, ciascuno con un proprio ruolo nell’intreccio narrativo e nella costruzione dell’atmosfera. Ci sono figure che incarnano il peso delle tradizioni del villaggio, altre che simboleggiano il desiderio di fuga o di ribellione, e altre ancora che nascondono segreti più oscuri.

Non ci sono “buoni” o “cattivi” in senso assoluto: quasi tutti i comprimari hanno motivazioni, contraddizioni e lati ambigui che emergono nel corso dell’avventura. Un elemento molto riuscito è l’uso delle note, lettere e appunti disseminati per il mondo di gioco, che permettono di approfondire il passato dei personaggi senza interrompere il ritmo.

Questi documenti raccontano storie di perdita, colpa, superstizione e rivelano gradualmente le connessioni tra i protagonisti e il male che li circonda. In questo modo il giocatore può scegliere quanto immergersi nella lore e scoprire dettagli che rendono l’esperienza più ricca e stratificata.



GAMEPLAY

Il gameplay, come già si intuiva dai trailer, risulta piuttosto legnoso – forse persino più del remake del secondo capitolo dello scorso anno, ma questo non mina troppo l’esperienza complessiva. Silent Hill non è mai stato sinonimo di combat system impeccabili: il cuore dell’esperienza è sempre stato l’atmosfera, la tensione psicologica e la sensazione di vulnerabilità del giocatore.

Da questo punto di vista, Silent Hill f rimane coerente alle sue radici. Il sistema di combattimento offre due tipologie principali di armi: quelle leggere, come coltelli da cucina, falchetti o strumenti improvvisati, e quelle pesanti, come mazze, falci o oggetti contundenti recuperati nell’ambiente. Non ci sono armi da fuoco: niente pistole o fucili, scelta che accentua il senso di impotenza e costringe ad avvicinarsi ai nemici, aumentando il rischio e la tensione di ogni scontro.

I combattimenti sono più frequenti rispetto ai capitoli precedenti, ma non presentano una vera progressione: si affronta l’ultimo boss con le stesse dinamiche con cui si è affrontato il primo mostro, senza upgrade o nuove mosse che cambino radicalmente il ritmo.

Konami ha però introdotto due novità interessanti: la stamina e la sanità mentale. La stamina regola sia la corsa che i colpi: un uso eccessivo lascia Hinako vulnerabile per qualche secondo, costringendo a pensare ogni attacco e fuga. La sanità mentale, invece, funziona come una sorta di “barometro psicologico”: più Hinako assiste a eventi traumatici o resta troppo a lungo nell’Otherworld, più la sua percezione si altera.

Quando questo indicatore scende, iniziano a comparire allucinazioni visive e sonore come muri che si deformano, sussurri che confondono il giocatore, nemici che sembrano più numerosi di quanto siano davvero, aumentando l’ansia e rendendo più difficile distinguere minacce reali da illusioni.

Purtroppo, entrambe le meccaniche avrebbero meritato una messa a punto più profonda: la stamina è piuttosto permissiva e la sanità mentale non incide davvero sulle scelte narrative o sul gameplay in maniera sostanziale, rimanendo più un effetto scenico che un sistema strategico.

A completare il quadro ci sono sezioni di esplorazione e backtracking tipiche della saga: porte bloccate che si aprono solo dopo aver risolto enigmi, aree che cambiano aspetto al ritorno del giocatore, documenti nascosti che suggeriscono segreti e scorciatoie. Questi momenti, pur meno “action”, sono quelli in cui il gioco dà il meglio di sé, restituendo quel ritmo lento e soffocante che ha reso iconico Silent Hill.



ENIGMI E SCENARI

Uno dei punti su cui Silent Hill f dimostra di voler recuperare l’identità classica della serie è proprio quello degli enigmi. Fin dai primi minuti ci si accorge che non sono messi lì solo per allungare la durata, ma sono integrati nella narrazione e nel mondo di gioco.

Molti puzzle, ad esempio, ruotano attorno agli oggetti che Hinako trova nelle case abbandonate del villaggio o nei templi, con indizi disseminati sotto forma di vecchie lettere, iscrizioni in giapponese o simboli folkloristici. Questo obbliga il giocatore a osservare con attenzione l’ambiente circostante, leggere i documenti, collegare informazioni, e talvolta perfino interpretare proverbi e usanze tipiche del Giappone degli anni ’60.

La difficoltà degli enigmi è ben bilanciata: non sono mai banali come in certi survival horror moderni, ma nemmeno eccessivamente criptici. Alcuni richiedono di manipolare oggetti nell’ambiente (spostare mobili, ricomporre maschere rituali, inserire correttamente pergamene in un altare), altri combinano elementi psicologici e simbolici tipici di Silent Hill (ad esempio capire il significato nascosto dietro frasi che Hinako sente durante i suoi momenti di sanità mentale instabile).

Certo, ci sono anche un paio di puzzle meno riusciti, in cui si sente che il level design poteva osare di più, ma nel complesso la media qualitativa è decisamente superiore a quella di molti altri horror contemporanei.

Anche sul fronte degli scenari Silent Hill f colpisce: la scelta di ambientare la storia in un villaggio giapponese anziché nella cittadina di Silent Hill è rischiosa, ma funziona. Le location sono molteplici e variegate: strade rurali immerse nella nebbia, scuole di campagna abbandonate, templi shintoisti infestati da parassiti floreali, grotte sotterranee ricoperte di radici, case di legno in rovina, e infine dimensioni “otherworld” in cui i paesaggi si deformano in modi disturbanti, fondendo architettura giapponese tradizionale con elementi di carne, ruggine e vegetazione mutata.

Ogni ambiente è studiato per creare tensione: corridoi stretti, giochi di luce e ombra, suoni provenienti da stanze adiacenti, elementi visivi che anticipano gli eventi della trama. Il senso di oppressione cresce man mano che si avanza, con momenti in cui l’esplorazione diventa quasi insopportabile per il carico di ansia e curiosità.



COMPARTO TECNICO

Dal punto di vista tecnico Silent Hill f segna un netto passo avanti rispetto ai capitoli precedenti. L’adozione dell’Unreal Engine 5 permette al team di costruire ambientazioni incredibilmente dettagliate: le case di legno del villaggio mostrano crepe e umidità realistiche, le foreste sono avvolte da una nebbia dinamica che cambia con il vento, e ogni superficie riflette la luce in modo naturale, restituendo un senso di spazio e profondità mai visto prima nella saga.

Particolarmente riusciti gli effetti di vegetazione mutante, che si intreccia con architetture e corpi umani in modo disturbante e al tempo stesso affascinante. I modelli dei personaggi, pur non raggiungendo la qualità dei protagonisti dei tripla A più costosi, risultano convincenti e ben animati; le espressioni facciali di Hinako trasmettono paura, sorpresa e dolore in maniera credibile, mentre i mostri vantano un design inquietante che richiama le deformità tipiche della serie.

Qualche piccola sbavatura resta – lievi compenetrazioni tra nemici e ambienti o movimenti un po’ scattosi durante alcune cutscene – ma nulla che comprometta davvero l’immersione. Sul fronte sonoro il lavoro è di altissimo livello. Ci troveremo a sentire passi dietro la porta, scricchiolii provenienti dai soffitti, fruscii nella nebbia che aumentano la tensione e costringono a voltarsi continuamente.

Anche i versi dei mostri sono studiati per creare disagio, con un mix di suoni organici e metallici che cambia a seconda dello stato mentale di Hinako.


COLONNA SONORA

La colonna sonora, curata ancora una volta dal maestro Akira Yamaoka, è un altro punto di forza. Brani eterei e malinconici accompagnano l’esplorazione del villaggio, mentre tracce più disturbanti e ritmate sottolineano le fasi d’azione o i momenti di climax narrativo.

L’alternanza di silenzio e musica è sapiente e contribuisce a rafforzare quella sensazione di paura e angoscia che il brand ha sempre saputo trasmettere. In più, alcuni temi musicali presentano influenze della tradizione giapponese, con strumenti tipici come lo shamisen o i tamburi taiko che si fondono con sintetizzatori e chitarre distorte, creando un sound unico per questo capitolo.



CONCLUSIONE

Silent Hill f è un capitolo che osa, spostando la saga fuori dai confini storici della cittadina che l’ha resa celebre per radicarla in un contesto nuovo, inquietante e culturalmente denso. Se il gameplay resta legnoso e alcune meccaniche non incidono quanto potrebbero, la forza narrativa, l’ambientazione unica, i personaggi sfaccettati e l’atmosfera disturbante mantengono intatta l’essenza del brand.

È un ritorno che non punta a rivoluzionare, ma a ricordarci perché Silent Hill non è mai stato un semplice survival horror: è un viaggio nell’angoscia, nella fragilità umana e nei mostri reali o interiori che ci accompagnano.


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